A sinistra della cattedrale, il cortiletto che precede il palazzo Vescovile dà accesso al Museo dell’Opera del Duomo, sorto nel 1967 nelle prime due sale, e ampliato nel 1976 per ospitare opere provenienti dall’intera diocesi e i prestigiosi rilievi del pulpito di Donatello. La raccolta si configurò così come vero Museo diocesano. Nel 1980 vennero collegate al museo le “Volte” sotto il transetto della cattedrale, e altri ambienti si aggiunsero nel 1993-96, avviando anche i lavori, recentemente conclusi, per ricollegare le varie sezioni in un unico, suggestivo percorso che attraversa alcune sale dell’antico Palazzo dei Proposti, intorno all’armonioso chiostro romanico, per concludersi nelle “Volte” sotto la Cattedrale.
Sala del Due-Trecento
La Sala ospita importanti sculture e dipinti (soprattutto parti di polittici) dal XIII agli inizi del XV secolo, di provenienza pratese, e suppellettile sacra coeva.
L’opera più antica (dono di Pina e Giuliano Gori) è una Testa di Cristo (1220-30), scultura lignea di modellato possente e sintetico, forse di ambito aretino. Intorno al 1262 fu realizzato il vigoroso altorilievo in arenaria proveniente dalla badia di Montepiano, firmato da Giroldo di Iacopo da Como, con la Madonna in trono fra i Santi Michele arcangelo, Pietro e Paolo, con l’abate Benvenuto, nel quale agli elementi di tradizione bizantina si uniscono una dimensione “classica”, che richiama a Nicola Pisano, e un robusto plasticismo di ascendenza gotica. Nella sala è anche una consunta, elegante Madonna col Bambino, scultura lignea del 1310-30 (dono Rocchi). Tra i dipinti sulle pareti una Madonna del Parto (uno dei più antichi esempi di questo raro soggetto), dipinta intorno al 1320 da un artista giottesco, vari resti di polittici smembrati, tra i quali di notevole qualità una Madonna col Bambino (1365 circa, da Carteano) di ambito orcagnesco, due raffinati pannelli con i Santi Matteo e Giovanni, Giacomo e Antonio abate (1415 circa), opera matura di Giovanni Toscani; due tavolette con San Giacomo e San Giovanni Battista (1370 circa) del fiorentino Giovanni Bonsi; una luminosa Annunciazione (1410 circa, da Pizzidimonte) attribuita al fiorentino Lorenzo di Niccolò e una Crocifissione (da Cantagallo), opera di artista dell’ambito geriniano. Nella contigua vetrina, oltre a un Antifonario miniato (1270-80) sono calici e croci astili del Tre-Quattrocento, in rame dorato.
Sala dei Parati
Contigua alla prima è la Sala dei Parati, dove si conservano quattro “graduali” miniati, paramenti sacri, argenti dal XVI al XIX secolo.
Notevole è il Corale D (1429-30), miniato da Rossello Franchi e Matteo Torelli; il Corale C, fu eseguito nel 1435 per la badia di San Fabiano e miniato da Meo di Frosino e dal padovano Battista di Niccolò. I Corali B e A furono miniati dal celebre Attavante Attavanti intorno al 1501, con figure ricche di naturalezza.
La sala prende nome dall’eccezionale parato di Santo Stefano, donato intorno al 1590 alla chiesa pratese dal proposto Alessandro de’ Medici (poi papa Leone XI), realizzato in velluto rosso cesellato su fondo di teletta d’oro e arricchito da notevoli ricami. Sono esposti piviale, pianeta e il bellissimo paliotto con ricami in applicazione, su probabile disegno di Giovanni Maria Butteri.
Dalla sacrestia della cappella della Cintola proviene il monumentale lavabo in pietra serena (1487), di Lorenzo di Salvadore (forse su disegno di Giuliano da Sangallo). Ai piedi del lavabo sono due tripodi in ferro battuto e un elegante faldistorio (sedile vescovile) del Quattro-Cinquecento. Nelle vetrine sono tra l’altro messali con coperte in argento del Sei-Ottocento, due notevoli ostensori del primo Settecento (il più originale – con mostra retta da un puttino – commissionato dai Bardi di Vernio a Bernardo Holzmann).
Sala della Sacra Cintola
La contigua sala espone opere collegate al culto per la reliquia mariana: argenti del Sei-Ottocento, tessuti (mantelline e “dalmatiche” che rivestivano la statua della Madonna della Cintola), e i pregevoli rilievi in marmo bianco, del 1358-60, opera del senese Niccolò di Cecco del Mercia e di suo figlio Sano: l’Assunta che dà la Cintola a San Tommaso, e San Tommaso che consegna la Cintola a un sacerdote, che costituivano parte di un pulpito esterno (dal quale mostrare la reliquia della Cintola ai fedeli, nella piazza); di fianco la Dormitio Virginis e l’Incoronazione della Vergine (incompiuta), forse per il corrispondente parapetto interno alla chiesa. Le lastre (espressive ma assai attardate) mostrano una vivace vena narrativa, e sono rese più mosse dallo scavo profondo, che crea netti contrasti di luce.
Infine la sala espone il modello in gesso del paliotto di Emilio Greco con la Dormitio Virginis (1983), realizzato per l’altare della Cintola dopo il furto del paliotto settecentesco.
Area di scavo – Sezione archeologica
Dalla sala della Cintola si scende nella zona seminterrata, raggiungendo a sinistra l’area di scavo, realizzata per collegare la prima sezione del museo con le sale lungo il chiostro. Lo scavo ha consentito il recupero di resti ceramici – esposti nelle vetrine – dal periodo etrusco (IV secolo a.C.) al XV secolo, che attestano la frequentazione della zona anche prima della formazione del nucleo abitato longobardo.
Oltre a una sepoltura femminile del IX secolo, tra i resti di strutture riemerse con lo scavo stratigrafico sono due fornacette, forse da pane, del IX-X secolo.
Sala del Rinascimento
Dallo scavo si risale in un ambiente di struttura quattrocentesca, che ospita dipinti del XV-XVI secolo.
Capolavoro assoluto è la pala di Filippo Lippi con le Esequie di San Girolamo, commissionata dall’anziano proposto Geminiano Inghirami per la Cattedrale, intorno al 1453 (eccezionale, nella sensibile resa delle reazioni emotive dei personaggi, con forme morbide, intessute di luce). Precedente di alcuni anni è la bellissima pala con la Madonna e il Bambino tra i santi Giusto e Clemente (1449), dipinta per Faltugnano dal “Maestro della Natività di Castello” (forse Piero di Lorenzo di Pratese), stretto collaboratore del Lippi; il dipinto si caratterizza per il trono architettonico classicheggiante e il colore denso e smaltato.
L’opera più antica è la Trinità (1435-45), di Andrea di Giusto; databili all’ultimo decennio del Quattrocento sono un notevole Crocifisso dipinto sulle due facce di una tavola sagomata (di raffinata eleganza nelle proporzioni e nel fuso chiaroscuro), attribuito al Botticelli, e la Santa Lucia, opera di un artista di cultura complessa, con richiami al Ghirlandaio e al Botticini. Interessanti anche una vetrata con l’Annunciazione (1509), di fra Paolo di Mariotto da Gambassi, alcune piccole tavole quattro-cinquecentesche (Domenico di Zanobi, Francesco Brina, due Madonne col Bambino di Maso da San Friano) e un ritratto di Lapo Spighi, del veronese Sebastiano Vini, del quale è anche la suggestiva pala con l’Immacolata, da San Francesco.
Sala del Pulpito
La contigua sala presenta al centro il parapetto del pulpito esterno della Cattedrale (per le ostensioni solenni della sacra Cintola), realizzato da Donatello e dalla sua bottega tra il 1434 ed il 1438. I rilievi vennero tolti dall’esterno nel 1970 per le cattive condizioni di conservazione, sostituendoli con calchi. Dopo un laborioso restauro (completato nel 1999) curato dall’Opificio delle Pietre Dure con tecniche innovative (laser a infrarossi), il complesso ha recuperato leggibilità e unità.
La veduta ravvicinata consente di apprezzare la felicità inventiva del disegno, la cui libertà creativa assoluta è da attribuire totalmente a Donatello, anche se nei rilievi l’esecuzione è condotta a più mani nella bottega dell’artista. Il parapetto, di potente suggestione, ripropone le forme di un tempietto circolare su pilastrini scanalati che lo dividono in sette riquadri, all’interno dei quali si intreccia con carica incontenibile la danza dei gruppi di angeli festanti, dal ritmo incalzante, resi pittoricamente grazie allo “stiacciato”, ai complessi scorci prospettici e al vibrare del mosaico dei fondi.
Nella sala è esposto l’originale del Capitello in bronzo del pulpito esterno. Il prezioso Capitello fuso nel 1433 da Michelozzo e Maso di Bartolomeo, ricollega genialmente le forme convesse del pulpito al pilastro angolare della chiesa, sul fronte principale (lo doveva completare un secondo lato simile – mai realizzato – sull’altra faccia del pilastro). Spetta a Donatello il disegno e parte del modellato del geniale capitello, caratterizzato dall’esuberante, fantasiosa invenzione di motivi che rielaborano liberamente spunti classici. Gli elementi architettonici, strutturali, sembrano germinare grumi di foglie e fiori, e si popolano di piccole figure alate, mentre il ritmo sembra placarsi nei tre angeli – genietti principali: il primo sporge curioso dalla concavità dell’abaco, a sostenere le soprastanti cornici del pulpito; gli altri reggono un festone, mollemente sdraiati alla base del capitello. Il recente restauro (2011) oltre a evidenziare la notevole finezza del modellato ha riportato in luce parte della doratura a mordente, eseguita nel 1438.
Collegato alla reliquia della Sacra Cintola è un capolavoro assoluto di oreficeria, realizzato da Maso di Bartolomeo: la piccola Capsella della Sacra Cintola (1446-7), che contenne la reliquia fino al 1633.
Il prezioso scrigno in rame dorato, osso e corno, rielabora il motivo donatelliano della danza di putti tra le colonne di un tempietto, con coronamento a robuste volute di gusto brunelleschiano.
Vicino alla cultura donatelliana, in particolare a Nanni di Bartolo detto il Rosso, è un interessante busto in terracotta con San Lorenzo, proveniente da Pizzidimonte, della prima metà del Quattrocento. La sala ospita anche alcune sculture in marmo eseguite dal fiesolano Francesco di Simone Ferrucci per la Cattedrale (il Gesù bambino benedicente, scolpito intorno al 1486, e resti del coro della chiesa, fatto nel 1474-76).
Sala del Seicento
L’ambiente contiguo accoglie interessanti pale e suppellettile sacra del Sei-Ottocento. Tra le tele una luminosa Santa Cecilia (1615-20), dipinta da Matteo Rosselli, una Samaritana al pozzo (1630 circa) vicina al Vignali, o un efficacissimo bozzetto dell’Empoli per il soffitto del duomo di Livorno: la Vergine che porge il Bambino a San Francesco (1619 circa).
Tre grandi tele provengono dalla Cattedrale, un Martirio di san Lorenzo (1666-68) di Mario Balassi, completata dal celebre Carlo Dolci, l’artista più rappresentativo del Seicento fiorentino, autore anche della scenografica tela con l’Angelo custode (1670-75), con eccezionali brani di lirica raffinatezza e sensibilità. Notevole anche la tela del fiammingo Livio Mehus con San Pietro d’Alcantara che comunica santa Teresa d’Avila (1683), ispirata al tardobarocco romano.
L’opera più tarda presente (dono famiglia Pecci), è il Trasporto della salma di santo Stefano (1865), dipinta dal pratese Alessandro Franchi, opera tra le più originali e sentite dell’artista. Una vetrina, infine, espone interessanti argenti (tra questi un originalissimo calice di Cosimo Merlini e un imponente ostensorio di Lorenzo Loi).
Chiostro romanico
La sala risponde sotto il lato residuo del suggestivo chiostro romanico, a incrostazione marmorea bicroma, realizzato nella seconda metà del XII secolo sui lati del cortile, con richiami alla cultura fiorentina e lombarda. Le undici arcatelle si raccordano alle esili colonnine in marmo bianco e a quelle più robuste in serpentino verde (queste con fantasiosi capitelli zoomorfi, in buona parte ripristinati, attribuiti al Maestro di Cabestany, nel Rossiglione).
Nel prato davanti al chiostrino è stata collocata nel 2001 un’opera donata da Pina e Giuliano Gori, Quattro per Donatello, omaggio di Robert Morris all’artista rinascimentale.
Antiquarium e “Volte”
Sotto il chiostrino una bella bifora duecentesca dà luce alla cappella sepolcrale detta dei Migliorati, con tomba del XII secolo; da qui un corridoio moderno (1980) dà accesso all’
Antiquarium, vano sotto la cappella del Santissimo in Cattedrale, usato per sepolture fino al XVIII secolo. Vi sono esposti frammenti trovati negli scavi eseguiti dal 1970 nell’area della chiesa e del palazzo Vescovile.
Il corridoio prosegue sboccando nelle “Volte” (recentemente restaurate), ampio ambiente del primo Trecento coperto da crociere (parte basamentale delle cappelle del transetto del Duomo), utilizzato dal 1326 alla fine del Settecento per sepolture, delle quali restano numerosi stemmi in pietra o dipinti, e insegne sepolcrali.
Sulla sinistra una porta immette nella cappella della compagnia di Santo Stefano, dotata di un originale vespaio formato da circa cento ciotoloni e coli in terracotta del primo Cinquecento (per formare una camera d’aria, come si vede nell’angolo nord-ovest). Un rapido artista del primo Quattrocento dipinse con tecnica mista le volte a crociera (Evangelisti e Santi), mentre intorno al 1420 Pietro e Antonio di Miniato, e un collaboratore, affrescarono i modesti monocromi nelle lunette, la Lapidazione di santo Stefano e il finto trittico policromo con la Madonna e il Bambino fra i santi Stefano e Lorenzo. Nella cappella sono collocati importanti reliquiari della cattedrale (due bei busti in argento ottocenteschi, il reliquiario della Santa Croce – 1590 – del fiorentino Egidio Leggi, quello, imponente, di Santo Stefano, neogotico, su disegno di Alessandro Franchi).
Tornati nel corridoio delle “Volte”, in corrispondenza della campata centrale è stata riaperta una porta esterna che ha consentito a lungo di attingere acqua dall’antico pozzo dei Dagomari. Di fianco al pozzo è un affresco col Buon Pastore tra san Niccolò e san Francesco (1390-1400), staccato dalla cappella Vinaccesi nel Duomo, attribuibile a Francesco di Michele; dall’altro lato sono affreschi di Antonio di Miniato.
Nella penultima campata è un importante affresco del 1340 circa, opera di Bonaccorso di Cino, con le vigorose figure del Cristo nel sepolcro tra la Vergine e san Giovanni, e la sottostante finta statua del defunto; la successiva campata è occupata dalla cappella sepolcrale dei Guizzelmi, voluta dal giurista pratese Giuliano, con affreschi eseguiti nel 1508 dal pratese Girolamo Ristori e da un collaboratore (Cristo alla colonna, il bel ritratto di impronta ghirlandaiesca di Giuliano Guizzelmi, la Crocifissione – derivazione dal Perugino). Nel 1510 Tommaso di Piero dipinse una Resurrezione e un Noli me tangere, con piacevole paesaggio sullo sfondo.
A destra della cappella Guizzelmi un basso corridoio conduce fin sotto il campanile, dal quale si potrebbe uscire nella piazzetta sul fianco della cattedrale.
MUSEO DELL’OPERA DEL DUOMO E AFFRESCHI DI FILIPPO LIPPI IN CATTEDRALE
Indirizzo: Piazza Duomo, 49 – 59100 Prato;
telefono +39 (0)574 29339; fax +39 (0)574 445084
e-mail: musei.diocesani@diocesiprato.it
Orario: dal martedì al sabato 10-17
Domenica e festivi 13-17
Chiuso il lunedì
Biglietto unico d’ingresso al Museo e presbiterio della Cattedrale (affreschi di Filippo Lippi)
intero 8 euro;
ridotto 6 euro;
Ingresso gratuito: fino a 6 anni, disabile e accompagnatore, guide turistiche, giornalisti, Icom